Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 26 aprile 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Disturbi dello spettro dell’autismo (ASD): scoperto un circuito “sociale” deficitario. Un team della University of Geneva, studiando bambini affetti da ASD e topi geneticamente modificati knockout per il gene Shank3, il cui difetto funzionale costituisce una causa comune di ASD, ha individuato un’alterazione della sincronia neurale tra collicolo superiore (SC) e area tegmentale ventrale (VTA), ossia una connessione cruciale nel legare l’orientamento alla ricompensa sociale. Questo nuovo circuito è precocemente deficitario nei bambini con ASD. I livelli di connettività cerebrale misurati nei bambini affetti da ASD consentivano di prevedere lo sviluppo cognitivo dell’anno seguente. Impatto dell’intervento precoce: la terapia intensiva precoce focalizzata su abilità di indirizzamento dell’attenzione può migliorare l’IQ di 20 punti e gli esiti dell’integrazione scolastica. [Cfr. Contestabile A. et al. Molecular Psychiatry – AOP doi: 10.1038/s41380-025-02962-w, 2025].

 

Scoperto un legame molecolare tra autismo e distrofia miotonica. Sznajder e colleghi hanno identificato un legame molecolare tra disturbi dello spettro dell’autismo e distrofia miotonica, dimostrando che una mutazione ripetuta a tandem in un singolo gene durante lo sviluppo del cervello può compromettere lo splicing di numerosi geni associati all’autismo, causando la comparsa di tratti e segni autistici. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-025-01943-0, 2025].

 

Empatia: una radice evoluzionistica dell’empatia riconosciuta in 2 vie ossitociniche. Studiando nei topi il comportamento di salvataggio dei propri simili, mostrato spontaneamente, Feng-Rui Zhang e colleghi hanno identificato quale base due distinte vie nervose subcorticali caratterizzate dal neuromediatore peptidico ossitocina: 1) via ossitocinica che governa la componente emozionale; 2) via ossitocinica responsabile della componente motoria.

Le due vie sono indipendenti, ma agiscono sinergicamente nel mediare il comportamento di aiuto del proprio simile, suggerendo che possano esprimere una forma filogeneticamente primitiva del sentimento di empatia umana. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2423374122, 2025].

 

Efficacia del Guselkumab in un paziente affetto da SLA e grave psoriasi. La comorbidità per SLA e psoriasi è un evento abbastanza raro. La sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la forma più frequente di malattia del motoneurone che interessa il neurone superiore e quello inferiore con progressiva e ingravescente debolezza muscolare, è una grave patologia neurodegenerativa che si cura solo con trattamenti sintomatici. La psoriasi a placche cronica implica nella sua patogenesi il ruolo chiave di IL-17 e IL-23. Lo studio di un caso di comorbidità SLA-psoriasi, corredato da una esaustiva rassegna degli studi sulla comorbidità nelle malattie neurodegenerative, da parte di Jianxia Xiong e colleghi, ha dimostrato l’efficacia del trattamento con Guselkumab sulla psoriasi, senza il peggioramento di alcun segno, sintomo o parametro della SLA. [Cfr. Clinical, Cosm and Invest Dermatology – AOP doi: 10.2147/CCID.S505143, 2025].

 

L’esordio precoce della menopausa si associa a un’alta probabilità di declino cognitivo precoce. Miharu Nakanishi e colleghi della Tohoku University, in uno studio longitudinale condotto su circa 5000 donne, hanno rilevato che quelle che entravano in menopausa prima dei 40 anni avevano un maggiore e più precoce declino cognitivo di quelle che avevano un esordio del climaterio successivo ai 50 anni. La terapia ormonale sostitutiva (HRT) non otteneva effetti positivi sulla prestazione cognitiva. Da notare che le donne entrate in menopausa dopo i 50 anni facevano registrare prestazioni medie migliori di quelle degli uomini di pari età. [Cfr. Alzheimer’s & Dementia 21 (4): e70063, 2025 - AOP doi: 10.1002/alz.70063, 2025].

 

La musica gradita attiva i recettori μ degli oppioidi naturali: i più sensibili alla musica hanno più recettori μ. Vesa Putkinen e colleghi dell’Università di Turku in Finlandia, combinando PET e fMRI, hanno accertato che la musica piacevole attiva i recettori μ nel cervello. La musica preferita da ciascuno promuove rilascio e attività del sistema oppioide MOR nelle regioni cerebrali mediatrici del piacere. Le persone più sensibili alla musica e reattive al piacere musicale hanno più recettori μ e presentano risposte cerebrali più intense alla musica. [Cfr. Eur J Nucl Med Mol Imaging – AOP doi: 10.1007/s00259-025-07232-z, 2025].

 

Le larve di moscerino percepiscono i campi elettrici e navigano verso il potenziale negativo. Nel regno animale le specie in grado di rilevare i campi elettrici sono numerose, dagli squali all’ornitorinco e alle api; ora un team dell’Università della California a Santa Barbara guidato da Matthieu Louis ha aggiunto le larve di moscerino a questo elenco di specie elettrosensibili, ma ciò che più interessa è la funzione legata a questa proprietà. Attivando un piccolo set di neuroni sensoriali cefalici, le larve di Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta e dell’aceto, possono rilevare un campo elettrico e “navigare” nella direzione del potenziale elettrico negativo. [Cfr. Current Biology – AOP doi: 10.1016/j.cub.2025.03.014, 2025].

 

Fatto rivivere Aenocyon dirus il lupo del Pleistocene rappresentato nel Trono di Spade. Detto meta-lupo o enocione, classificato nel genere Canis ma più strettamente imparentato con lo sciacallo africano, questo carnivoro separato dai canidi lupini 5.700.000 anni fa, vissuto nelle Americhe e nell’Asia centrale tra i 200.000 e i 10.000 anni fa nel Pleistocene, è estinto e conosciuto solo dai resti fossili. L’estinzione si ritiene sia avvenuta entro il Quaternario. Nella cultura popolare e mediatica è noto come il meta-lupo (direwolf) della serie televisiva ispirata all’opera di George Martin, Il Trono di Spade.

L’industria biotecnologica Colossal Biosciences ha annunciato in questo mese di aprile la rigenerazione genetica di tre esemplari vivi di Aenocyon dirus, che ha enfaticamente presentato come la prima de-estinzione mai realizzata al mondo. Ai tre meta-lupi, generati grazie a procedure genetiche mai sperimentate con successo nel riportare in vita dinosauri o altri animali estinti, è stato dato nome Romulus, Remus e Khaleesi. La procedura potrà essere usata per difendere dall’estinzione specie animali attualmente a rischio. [Fonte: Meghan Rosen - Science, April 2025].

 

Come i coccodrillomorfi hanno evitato l’estinzione di massa e oggi ci appaiono come fossili viventi. Ricercatori della UCO e della Utah University hanno analizzato crani e denti di 99 specie di coccodrillo-morfi (crocodylomorpha) estinte e di 20 specie di rettili coccodrilliani viventi, per ricostruire la loro ecologia dietetica e identificare le caratteristiche che hanno consentito ad alcuni gruppi di sopravvivere a due eventi di estinzione di massa. Melstrom e colleghi hanno scoperto che il segreto della resistenza longeva di questi rettili è data dalla flessibilità di stile di vita sia per la dieta sia per l’ambiente cui adattarsi. [Cfr. Palaeontology 68 (2): 70005, 2025].

 

Codici del 1100-1200 rivestiti di pelle di foca: scoperta rivelatrice di una realtà ignota. Rari e preziosi manoscritti redatti da amanuensi francesi tra il XII e il XIII secolo hanno rivelato che il materiale di rivestimento della tavola che costituisce la copertina è pelle di foca. Esempi di questi codici dalla copertina foderata con la cute del mammifero pinnipede si possono ammirare alla Mediateque du Grand Troyes, in Francia. Codici già noti e studiati, provenienti dall’Abbazia di Clairvaux, fondata nel 1115, e da vari altri monasteri costruiti in Francia da monaci cistercensi, si riteneva fossero rivestiti di pelle di cervo o di cinghiale, fino allo studio microscopico condotto da Elodie Leveque: la prima copertura della lamina strutturale della pesante copertina era di pelle di pecora, ma il rivestimento esterno di colore bruno scuro, esposto alla vista, aveva un’istologia del tutto diversa: il sospetto ha avuto una prima conferma grazie all’isolamento di proteine tipiche della pelle di foca. Poi l’esame del DNA ha confermato trattarsi di foche. Delle copertine di 5 codici esaminati, in 4 casi la pelle di foca era geneticamente simile a quella delle specie di foche di Scandinavia, Danimarca e Scozia, mentre la quinta copertina risulta essere di foche della Groenlandia.

Questa scoperta contraddice l’assunto mai messo in dubbio, che i materiali adoperati dai monaci nel Medioevo avessero provenienza esclusivamente locale e a volte strettamente territoriale. Dopo questi primi rilievi, sono state identificate 43 grandi opere manoscritte rivestite di pelle di foca. Questa nuova acquisizione ha aperto una via per lo studio antropologico di rotte e vie di commercio seguite da Vichinghi e Normanni, che avevano gettato le basi per reti di traffico di pelli di pinnipedi marini in grado di giungere ai monasteri nelle campagne mitteleuropee. [Cfr. Royal Society Open Science – AOP doi: 10.1098/rsos.241090, 9 April 2025].

 

Jorge Mario Bergoglio (Buenos Aires 1936 – Roma 2025): ricordiamo Papa Francesco. Riportiamo le sue parole tratte da un libro-intervista in cui gli viene chiesto se la civiltà stia compiendo progressi.

Per rispondere dirò innanzitutto che vi sono due tipi di “inciviltà”. Una è data dal caos preesistente sul quale la scienza (e tutto il resto) agisce, ordina e trasforma, dando luogo al progresso culturale, scientifico, industriale… Tuttavia l’uomo ha la facoltà di creare un altro caos, una seconda forma di “inciviltà”, se le sue intenzioni gli sfuggono di mano e finisce per lasciarsene dominare, se le scoperte scientifiche prendono il sopravvento e perde il suo ruolo di signore del creato per diventare schiavo delle proprie invenzioni. Quando, per esempio, comincia a sperimentare con i geni, con le clonazioni e finisce, forse, per dare realtà al mito di Frankstein. O quando fa un uso bellico dell’energia atomica. O quando si entusiasma per leggi antiumane credendole progressiste. Questa seconda forma di incultura, come io la chiamo, è quella che determina le catastrofi e che, in definitiva, porta l’umanità, in un certo senso, a dover ricominciare da capo[1].

Ricordiamo che Jorge Mario Bergoglio amava la scienza e le sue applicazioni tecnologiche: era infatti studente di ingegneria chimica quando sentì la vocazione; e notiamo che aveva insegnato psicologia, oltre che letteratura. [BM&L-Italia, aprile 2025].

 

Dalle peculiarità della tavola ai banchetti nuziali di grandi matrimoni storici del Quattrocento. Proseguiamo nei nostri appunti di storia della cucina per sensibilizzare circa la necessità di ritornare alla preparazione casalinga dei cibi, evitando i prodotti dell’industria alimentare (v. in Note e Notizie 15-02-25 Notule: I nuovi studi su microbioma intestinale e asse cervello-intestino evidenziano l’importanza dei costumi alimentari; Note e Notizie 22-02-25 Notule: Appunti e curiosità su abitudini alimentari e cucina presso i Romani antichi; Note e Notizie 01-03-25 Notule: Da Roma a Firenze: appunti di cucina medievale italiana prima del primo libro di cucina; Note e Notizie 08-03-25 Notule: Dai costumi alimentari medievali alla nascita del lessico della cucina italiana; Note e Notizie 15-03-25 Le straordinarie ricette del Modo di cucinare et fare buone vivande rivelano i gusti dell’epoca; Note e Notizie 22-03-25 I destinatari dei ricettari del Trecento e la breve storia di una brigata di giovani gaudenti; Note e Notizie 29-03-25 Da cosa mangiava il Collegio dei Priori nel 1344 al secondo libro di cucina del Trecento; Note e Notizie 05-04-25 La vera storia dell’arista e del vin santo: circolano ancora racconti smentiti dai documenti).

Come l’arte era intesa quale imitazione della natura nelle sue elettive espressioni di bellezza, che era lecito isolare ed enfatizzare come soggetto dell’opera, così la cucina del secolo che dona al mondo il Rinascimento intende trarre dalla natura quanto si possa – con le risorse di un’arte discreta e sapiente – eleggere a delizia del palato. Anche se il Concilio del 1439 non fu l’occasione in cui si coniarono le denominazioni “arista” e “vin santo”, fu sicuramente uno straordinario mezzo per far conoscere la cucina fiorentina, toscana e italiana nel mondo fin allora conosciuto dai popoli europei.

Cosimo de’ Medici Pater Patriae, detto “il Vecchio” nel titolo del suo ritratto eseguito dal Pontormo per distinguerlo da Cosimo I, figlio di Giovanni dalla Bande Nere, era stato il finanziatore del Concilio di Firenze (1439-1445), che aveva sancito la riunione della Chiesa Latina con la Chiesa Greca e aveva accolto i cristiani di Armenia, Siria ed Egitto (i Copti)[2], i cui rappresentanti erano rimasti con i legati greci ed europei per sei anni in Firenze, durante i quali Cosimo aveva provveduto ad allestire banchetti e mense quotidiane non solo per i presuli rappresentanti, ma anche per le innumerevoli persone al seguito e per i pellegrini venuti da ogni dove.

Il Palazzo Medici Riccardi che si ammira oggi a Firenze in Via Cavour, allora detta “Via Larga”, fu fatto edificare da Cosimo nel 1444 e fu sede di simposi e incontri conviviali passati alla storia; così leggiamo in Petroni: “Qui imbandì numerosi conviti, che, pur non essendo strabilianti, erano sempre ricchi di cibi genuini e soprattutto erano serviti in maniera ineccepibile”[3].

Il servizio era “alla fiorentina”: espressione che in tutto il mondo, da allora in poi, voleva dire tavoli accostati in modo da comporre un mezzo rettangolo con un lato lungo frontale e due lati più brevi laterali, con i commensali seduti solo da una parte, di fronte a un immaginario osservatore, come gli apostoli nell’Ultima Cena o Cenacolo di Leonardo da Vinci. Questa disposizione favoriva il servizio al tavolo e consentiva, tra una portata e l’altra, a teatranti, musici, giullari e danzatrici di occupare temporaneamente lo spazio antistante il banchetto, alternandosi in esibizioni associate a ciascun piatto. Esistevano due modi principali di servizio: i bacini ceramici decorati, grandi piatti fondi per zuppe di verdure, ravioli in brodo, tortelli, intingoli, manicaretti, ecc., e i taglieri, ossia grandi dischi di legno su cui si adagiavano pietanze asciutte, salumi e formaggi, che potevano essere sezionati e prelevati dai commensali con le punte dei coltelli, foggiate appositamente a questo scopo. Nel Quattrocento cominciano ad essere impiegati anche a tavola i piatti di peltro. Ma è interessante un altro elemento, che ci fa capire come i piatti non fossero recipienti fissi e imprescindibili come per noi: in molti banchetti, davanti a ogni ospite, si metteva la “quadra”, ossia una grande fetta di pane dallo spessore calibrato su cui il commensale poneva il cibo prelevato dai recipienti di portata, dai taglieri e, a volte, dai bacini ceramici. La “quadra” era l’erede della tradizionale “mensa” greco-romana, ossia una focaccia per lo più azzima che faceva da supporto alla porzione di vivanda del singolo.

Il cambiamento più significativo cui si assiste tra l’epoca medievale e quella rinascimentale riguarda la definizione di regole generali per imbandire la tavola e servire i piatti. Abbiamo detto in precedenza della forchetta[4], comparsa a Firenze nel Trecento e adottata nel resto d’Italia e d’Europa solo tre o quattro secoli dopo, ma qui vogliamo notare un fatto curioso: anche se tra le famiglie aristocratiche e borghesi fiorentine l’uso della forchetta era considerato un segno di distinzione, associato alla cura artigianale delle posate che ne faceva spesso delle piccole opere d’arte, in molte famiglie di altre regioni e aree d’Italia sussisteva una certa resistenza all’uso di questa posata, perché veniva vista più come “un’arnese da cucina” che come una “posata da tavola”. In altri termini, uno strumento di utilità in cucina e una facilitazione a tavola per chi non fosse educato e addestrato all’uso delle punte uncinate dei coltelli dell’epoca.

Leggiamo da Paolo Petroni: “L’apparecchiatura era accuratissima e le portate seguivano un ordine ben preciso molto simile a quello dei nostri giorni, fatta eccezione per alcuni dolci, come i pinocchiati e i morselletti, che talvolta erano serviti come antipasti. Per il resto, vi erano i soliti arrosti e bolliti, mentre molta cura era rivolta ai numerosi dolci, fra i più tipici vi erano i berlingozzi, i marzapani, i biscottegli, i confetti (dorati e argentati), le cupate, gli zuccherini e i guanti o crespelli (cioè i nostri «cenci»)”[5].

Un evento che ebbe virtualmente per testimone tutta la città di Firenze, lasciando traccia in numerosissimi documenti, si caratterizzò per tre giorni di conviti di festeggiamento in Via della Vigna Nuova[6]: le nozze di Bernardo Rucellai e Lucrezia de’ Medici detta “Nannina”, celebrate la domenica 8 giugno 1466 e festeggiate fino al martedì con un gigantesco banchetto plurimo, cui erano invitati virtualmente tutti i Fiorentini. I racconti dei testimoni hanno sapore fiabesco e, evidentemente, le famiglie dei due giovani amatissimi in città intendevano proprio lasciare nella mente dei maggiorenti e del popolo il piacevole ricordo di un’esperienza unica di sorprese e meraviglie, nell’allegro gaudio di una gioia condivisa, come in uno stato di grazia tale da sospendere per tutti tristezze, angustie, amarezze, sofferenze, miseria, malattie, solitudine e sconforto, donando a tutti per tre giorni una vita da principi in uno stato di perfetta armonia spirituale.

È passato alla storia anche il costo dei tre giorni di “convito universale”: 6000 fiorini d’oro, ossia una somma che avrebbe consentito a una famiglia di vivere da benestanti per tre generazioni. Fra le spese documentate per i banchetti si legge che furono acquistati 2.800 pani bianchi, 70 staia di pane, 4.000 cialdoni, 3.000 capi di pollame, 1500 uova, 4 vitelli, 50 barili di vino trebbiano, e la legna di 12 cataste da ardere in cucina. Ma si tratta solo di una parte: bisogna aggiungere tutto ciò che proveniva dalle dispense, dalle vigne e dagli allevamenti delle due famiglie, e che quindi non fu acquistato per l’occasione.

Leggiamo una nota sommaria dell’epoca sui tre giorni di convito: “La domenica mattina si dettero capponi lessi e lingue, e un arrosto di carne grossa, e uno di pollastrini dorati con lo zucchero e l’acqua-rosa; la sera, la gelatina, l’arrosto grosso e quello di pollastrini con frittelle. Il lunedì mattina biancomangiare, coi capponi e i salsicciuoli, e arrosto grosso e di pollastrini; la sera le solite portate e più una torta di pappa, mandorle e zucchero che dicevasi tartara. Il martedì, di mattina, arrosto di carne grossa e di quaglie, e la sera, i consueti arrosti e la gelatina. Alle colazioni uscivano fuori, in sul palchetto venti confettiere di pinocchiati e di zuccherati che si distribuivano a profusione”[7].

Tre anni dopo, nel 1469, le nozze del ventenne Lorenzo de’ Medici[8] con la sedicenne Clarice Orsini furono organizzate col dichiarato intento di far prendere ai due giovani il posto di Bernardo e Nannina nel cuore e nella memoria del popolo: furono disposti convivi per tre giorni di festeggiamenti, ma si andò oltre in tutti i sensi: “… le tavole imbandite straripavano dalle stanze, dai loggiati e dal cortile di Via Larga e invadevano la stessa strada… per più giorni tutti ricevettero piatti di carne e di pesce, vino dolce, confetti e pinocchiate”[9].

Per effetto della rigorosa educazione cristiana e neoplatonica ricevuta dalla madre, la poetessa Lucrezia Tornabuoni, Lorenzo de’ Medici era impegnato non solo nello studio e nell’elevazione dello spirito, ma anche nell’esercizio fisico e nel continuo addestrarsi alla scherma e all’equitazione, cosa che, associata al rispetto dei digiuni di precetto nelle quattro tempora, contribuiva a mantenerlo snello e agile. Ma, nonostante la sua magrezza, il Magnifico era un raffinato estimatore della buona cucina e un cuoco provetto[10]; evidentemente mostrando anche nell’alimentazione quella “disciplina di sé” necessaria al suo ruolo, secondo l’adagio che definiva “Signore” colui che ha signoria di sé stesso.

Nelle antologie scolastiche abbiamo trovato i suoi versi: “Chi vuol esser lieto sia, di doman non v’è certezza”, e nei libri di storia leggiamo delle reprimende che gli rivolgeva Savonarola[11], e dunque siamo portati a pensare che lo stile di vita di Lorenzo cercasse un compromesso tra la cristiana mortificazione del desiderio e la ricerca della gioia attraverso la bellezza dell’arte e di ogni altra attività umana da rivolgere al beneficio dell’anima e del corpo. Nel suo poemetto Nencia da Barberino colpiscono gli accoppiamenti “amoroso-gastronomici” insoliti per l’epoca: “La Nencia, infatti, gli sembra più bianca del «fior di farina», più dolce della «malvagia», «saporita che non il cacio», «morbida che pare un migliaccio» e, come se non bastasse, le promette la «stiacciata» e il «berlingozzo»”[12].

Leggiamo qui della prova più nota delle sue abilità culinarie: “Nel Canto de’ Cialdonai, dà inoltre prova di essere anche un buon cuoco: in quelle simpatiche rime, infatti, insegna con perizia a fare i cialdoni: «Metti nel vaso acqua e farina, quando hai menato, poi vi si getta quel che è dolce e bianco zucchero: fatto l’intriso, poi col dito assaggia, se ti par buono le forme (i testi) al fuoco poni, scaldale bene e quando l’intriso nelle forme metti e senti frigger, tieni i ferri stretti. Quando ti par e’ sia fatto abbastanza, apri le forme e cavane e’ cialdoni e ’l ripiegarli allor facile riesce caldi: e ‘n panno bianco li riponi»”[13].

 

[continua]

 

Notule

BM&L-26 aprile 2025

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[1] Jorge Bergoglio, Papa Francesco – Il nuovo papa si racconta – Conversazione con Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, p. 158, Salani Editore, Milano 2013.

[2] La riunione delle Chiese purtroppo non durò molto.

[3] Paolo Petroni, Il libro della vera cucina fiorentina, p. 20, Giunti, Firenze 2012.

[4] Naturalmente si tratta di forchette a due rebbi o, al massimo, a tre rebbi; le forchette a quattro rebbi sono di molto posteriori e si diffondono soprattutto nel Settecento con la diffusione capillare degli spaghetti.

[5] Paolo Petroni, Il libro della vera cucina fiorentina, op. cit., p. 20.

[6] Vi aveva sede il maestoso Palazzo Rucellai disegnato da Leon Battista Alberti; oggi è sede di ateliers e negozi delle maggiori firme dell’alta moda mondiale. La via prende il nome dalla “vigna nuova” dei monaci di San Pancrazio, così detta per distinguerla dalla “vigna vecchia” dei monaci della Badia Fiorentina.

[7] Citato in I matrimoni di casa Medici: «Chi vuol esser lieto sia…» in Paolo Petroni, Il libro della vera cucina fiorentina, p. 22, Giunti, Firenze 2012.

[8] L’appellativo “Magnifico” era piuttosto comune, e si impiegava quale formula di cortesia nel rivolgersi o menzionare persona degna di ammirazione per cultura o condizione. Negli scritti coevi si incontra spesso “il Magnifico Lorenzo”; l’inversione “Lorenzo il Magnifico” è invece il prodotto di un’operazione arbitrariamente compiuta da storici di epoca relativamente recente, allo scopo di distinguerlo dagli omonimi di casa Medici.

[9] I matrimoni di casa Medici: «Chi vuol esser lieto sia…» in Paolo Petroni, Il libro della vera cucina fiorentina, op. cit., idem.

[10] Una delle più note scuole di cucina fiorentina si chiama Scuola Lorenzo de’ Medici.

[11] Sebbene fosse stato proprio Lorenzo de’ Medici a farlo tornare a Firenze.

[12] Paolo Petroni, Il libro della vera cucina fiorentina, op. cit., p. 23.

[13] Paolo Petroni, op. cit., idem.