Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XXII – 26 aprile 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Disturbi dello spettro dell’autismo
(ASD): scoperto un circuito “sociale” deficitario. Un
team della University of Geneva, studiando bambini affetti da ASD e topi
geneticamente modificati knockout per il gene Shank3, il cui difetto
funzionale costituisce una causa comune di ASD, ha individuato un’alterazione
della sincronia neurale tra collicolo superiore (SC) e area
tegmentale ventrale (VTA), ossia una connessione cruciale nel legare
l’orientamento alla ricompensa sociale. Questo nuovo circuito è precocemente
deficitario nei bambini con ASD. I livelli di connettività cerebrale misurati
nei bambini affetti da ASD consentivano di prevedere lo sviluppo cognitivo dell’anno
seguente. Impatto dell’intervento precoce: la terapia intensiva precoce
focalizzata su abilità di indirizzamento dell’attenzione può migliorare l’IQ di
20 punti e gli esiti dell’integrazione scolastica. [Cfr. Contestabile A. et
al. Molecular Psychiatry – AOP doi: 10.1038/s41380-025-02962-w, 2025].
Scoperto un legame molecolare tra
autismo e distrofia miotonica. Sznajder
e colleghi hanno identificato un legame molecolare tra disturbi dello spettro
dell’autismo e distrofia miotonica, dimostrando che una mutazione ripetuta a
tandem in un singolo gene durante lo sviluppo del cervello può compromettere lo
splicing di numerosi geni associati all’autismo, causando la comparsa di
tratti e segni autistici. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi:
10.1038/s41593-025-01943-0, 2025].
Empatia: una radice evoluzionistica
dell’empatia riconosciuta in 2 vie ossitociniche. Studiando
nei topi il comportamento di salvataggio dei propri simili, mostrato
spontaneamente, Feng-Rui Zhang e colleghi hanno identificato quale base due
distinte vie nervose subcorticali caratterizzate dal neuromediatore peptidico
ossitocina: 1) via ossitocinica che governa la componente emozionale; 2) via
ossitocinica responsabile della componente motoria.
Le due vie sono indipendenti, ma
agiscono sinergicamente nel mediare il comportamento di aiuto del proprio
simile, suggerendo che possano esprimere una forma filogeneticamente primitiva
del sentimento di empatia umana. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2423374122,
2025].
Efficacia del Guselkumab
in un paziente affetto da SLA e grave psoriasi. La
comorbidità per SLA e psoriasi è un evento abbastanza raro. La sclerosi
laterale amiotrofica (SLA), la forma più frequente di malattia del
motoneurone che interessa il neurone superiore e quello inferiore con
progressiva e ingravescente debolezza muscolare, è una grave patologia
neurodegenerativa che si cura solo con trattamenti sintomatici. La psoriasi
a placche cronica implica nella sua patogenesi il ruolo chiave di IL-17 e
IL-23. Lo studio di un caso di comorbidità SLA-psoriasi, corredato da una
esaustiva rassegna degli studi sulla comorbidità nelle malattie
neurodegenerative, da parte di Jianxia Xiong e colleghi, ha dimostrato l’efficacia del trattamento
con Guselkumab sulla psoriasi, senza il peggioramento
di alcun segno, sintomo o parametro della SLA. [Cfr. Clinical, Cosm and Invest Dermatology – AOP
doi: 10.2147/CCID.S505143, 2025].
L’esordio precoce della menopausa si
associa a un’alta probabilità di declino cognitivo precoce. Miharu
Nakanishi e colleghi della Tohoku University, in uno
studio longitudinale condotto su circa 5000 donne, hanno rilevato che quelle
che entravano in menopausa prima dei 40 anni avevano un maggiore e più precoce
declino cognitivo di quelle che avevano un esordio del climaterio successivo ai
50 anni. La terapia ormonale sostitutiva (HRT) non otteneva effetti positivi
sulla prestazione cognitiva. Da notare che le donne entrate in menopausa dopo i
50 anni facevano registrare prestazioni medie migliori di quelle degli uomini
di pari età. [Cfr. Alzheimer’s
& Dementia 21 (4): e70063, 2025 - AOP doi: 10.1002/alz.70063, 2025].
La musica gradita attiva i recettori μ
degli oppioidi naturali: i più sensibili alla musica hanno più recettori μ.
Vesa
Putkinen e colleghi dell’Università di Turku in
Finlandia, combinando PET e fMRI, hanno accertato che la musica piacevole
attiva i recettori μ nel cervello. La musica preferita da ciascuno
promuove rilascio e attività del sistema oppioide MOR nelle regioni cerebrali
mediatrici del piacere. Le persone più sensibili alla musica e reattive al
piacere musicale hanno più recettori μ e presentano risposte cerebrali più
intense alla musica. [Cfr.
Eur J Nucl Med Mol Imaging
– AOP doi: 10.1007/s00259-025-07232-z, 2025].
Le larve di moscerino percepiscono i
campi elettrici e navigano verso il potenziale negativo.
Nel regno animale le specie in grado di rilevare i campi elettrici sono numerose,
dagli squali all’ornitorinco e alle api; ora un team dell’Università
della California a Santa Barbara guidato da Matthieu Louis ha aggiunto le larve
di moscerino a questo elenco di specie elettrosensibili, ma ciò che più
interessa è la funzione legata a questa proprietà. Attivando un piccolo set di
neuroni sensoriali cefalici, le larve di Drosophila melanogaster, il
moscerino della frutta e dell’aceto, possono rilevare un campo elettrico e
“navigare” nella direzione del potenziale elettrico negativo. [Cfr. Current Biology – AOP doi: 10.1016/j.cub.2025.03.014,
2025].
Fatto rivivere Aenocyon
dirus il lupo del Pleistocene rappresentato nel
Trono di Spade. Detto meta-lupo o enocione,
classificato nel genere Canis ma più strettamente
imparentato con lo sciacallo africano, questo carnivoro separato dai canidi
lupini 5.700.000 anni fa, vissuto nelle Americhe e nell’Asia centrale tra i
200.000 e i 10.000 anni fa nel Pleistocene, è estinto e conosciuto solo dai
resti fossili. L’estinzione si ritiene sia avvenuta entro il Quaternario. Nella
cultura popolare e mediatica è noto come il meta-lupo (direwolf)
della serie televisiva ispirata all’opera di George Martin, Il Trono di
Spade.
L’industria biotecnologica Colossal Biosciences ha annunciato in questo mese di aprile la
rigenerazione genetica di tre esemplari vivi di Aenocyon
dirus, che ha enfaticamente presentato come la
prima de-estinzione mai realizzata al mondo. Ai tre meta-lupi, generati grazie
a procedure genetiche mai sperimentate con successo nel riportare in vita
dinosauri o altri animali estinti, è stato dato nome Romulus, Remus e Khaleesi.
La procedura potrà essere usata per difendere dall’estinzione specie animali
attualmente a rischio. [Fonte:
Meghan Rosen - Science, April 2025].
Come i coccodrillomorfi
hanno evitato l’estinzione di massa e oggi ci appaiono come fossili viventi.
Ricercatori della UCO e della Utah University hanno analizzato crani e denti di
99 specie di coccodrillo-morfi (crocodylomorpha)
estinte e di 20 specie di rettili coccodrilliani
viventi, per ricostruire la loro ecologia dietetica e identificare le
caratteristiche che hanno consentito ad alcuni gruppi di sopravvivere a due
eventi di estinzione di massa. Melstrom e colleghi
hanno scoperto che il segreto della resistenza longeva di questi rettili è data
dalla flessibilità di stile di vita sia per la dieta sia per l’ambiente
cui adattarsi. [Cfr. Palaeontology 68 (2): 70005,
2025].
Codici del 1100-1200 rivestiti di pelle
di foca: scoperta rivelatrice di una realtà ignota.
Rari e preziosi manoscritti redatti da amanuensi francesi tra il XII e il XIII secolo
hanno rivelato che il materiale di rivestimento della tavola che costituisce la
copertina è pelle di foca. Esempi di questi codici dalla copertina foderata con
la cute del mammifero pinnipede si possono ammirare alla Mediateque
du Grand Troyes, in Francia. Codici già noti e
studiati, provenienti dall’Abbazia di Clairvaux,
fondata nel 1115, e da vari altri monasteri costruiti in Francia da monaci
cistercensi, si riteneva fossero rivestiti di pelle di cervo o di cinghiale,
fino allo studio microscopico condotto da Elodie Leveque: la prima copertura
della lamina strutturale della pesante copertina era di pelle di pecora, ma il
rivestimento esterno di colore bruno scuro, esposto alla vista, aveva
un’istologia del tutto diversa: il sospetto ha avuto una prima conferma grazie
all’isolamento di proteine tipiche della pelle di foca. Poi l’esame del DNA ha
confermato trattarsi di foche. Delle copertine di 5 codici esaminati, in 4 casi
la pelle di foca era geneticamente simile a quella delle specie di foche di Scandinavia,
Danimarca e Scozia, mentre la quinta copertina risulta essere di foche della
Groenlandia.
Questa scoperta contraddice l’assunto
mai messo in dubbio, che i materiali adoperati dai monaci nel Medioevo avessero
provenienza esclusivamente locale e a volte strettamente territoriale. Dopo
questi primi rilievi, sono state identificate 43 grandi opere manoscritte
rivestite di pelle di foca. Questa nuova acquisizione ha aperto una via per lo
studio antropologico di rotte e vie di commercio seguite da Vichinghi e
Normanni, che avevano gettato le basi per reti di traffico di pelli di
pinnipedi marini in grado di giungere ai monasteri nelle campagne
mitteleuropee. [Cfr. Royal Society Open Science – AOP doi:
10.1098/rsos.241090, 9 April 2025].
Jorge Mario Bergoglio (Buenos Aires 1936
– Roma 2025): ricordiamo Papa Francesco. Riportiamo le sue
parole tratte da un libro-intervista in cui gli viene chiesto se la civiltà
stia compiendo progressi.
Per rispondere dirò innanzitutto che vi
sono due tipi di “inciviltà”. Una è data dal caos preesistente sul quale la
scienza (e tutto il resto) agisce, ordina e trasforma, dando luogo al progresso
culturale, scientifico, industriale… Tuttavia l’uomo ha la facoltà di creare un
altro caos, una seconda forma di “inciviltà”, se le sue intenzioni gli sfuggono
di mano e finisce per lasciarsene dominare, se le scoperte scientifiche
prendono il sopravvento e perde il suo ruolo di signore del creato per
diventare schiavo delle proprie invenzioni. Quando, per esempio, comincia a
sperimentare con i geni, con le clonazioni e finisce, forse, per dare realtà al
mito di Frankstein. O quando fa un uso bellico dell’energia
atomica. O quando si entusiasma per leggi antiumane credendole progressiste. Questa
seconda forma di incultura, come io la chiamo, è quella che determina le
catastrofi e che, in definitiva, porta l’umanità, in un certo senso, a dover
ricominciare da capo[1].
Ricordiamo che Jorge Mario Bergoglio
amava la scienza e le sue applicazioni tecnologiche: era infatti studente di
ingegneria chimica quando sentì la vocazione; e notiamo che aveva insegnato
psicologia, oltre che letteratura. [BM&L-Italia, aprile 2025].
Dalle peculiarità della tavola ai
banchetti nuziali di grandi matrimoni storici del Quattrocento. Proseguiamo nei nostri appunti di
storia della cucina per sensibilizzare circa la necessità di ritornare alla
preparazione casalinga dei cibi, evitando i prodotti dell’industria alimentare
(v. in Note e Notizie 15-02-25 Notule: I nuovi studi su microbioma
intestinale e asse cervello-intestino evidenziano l’importanza dei costumi
alimentari; Note e Notizie 22-02-25 Notule: Appunti e curiosità su
abitudini alimentari e cucina presso i Romani antichi; Note e Notizie
01-03-25 Notule: Da Roma a Firenze: appunti di cucina medievale italiana
prima del primo libro di cucina; Note e Notizie 08-03-25 Notule: Dai
costumi alimentari medievali alla nascita del lessico della cucina italiana;
Note e Notizie 15-03-25 Le straordinarie ricette del Modo di cucinare et
fare buone vivande rivelano i gusti dell’epoca; Note e Notizie 22-03-25 I
destinatari dei ricettari del Trecento e la breve storia di una brigata di
giovani gaudenti; Note e Notizie 29-03-25 Da cosa mangiava il Collegio
dei Priori nel 1344 al secondo libro di cucina del Trecento; Note e Notizie
05-04-25 La vera storia dell’arista e del vin santo: circolano ancora
racconti smentiti dai documenti).
Come l’arte era intesa quale imitazione
della natura nelle sue elettive espressioni di bellezza, che era lecito isolare
ed enfatizzare come soggetto dell’opera, così la cucina del secolo che dona al
mondo il Rinascimento intende trarre dalla natura quanto si possa – con le
risorse di un’arte discreta e sapiente – eleggere a delizia del palato. Anche
se il Concilio del 1439 non fu l’occasione in cui si coniarono le denominazioni
“arista” e “vin santo”, fu sicuramente uno straordinario mezzo per far
conoscere la cucina fiorentina, toscana e italiana nel mondo fin allora
conosciuto dai popoli europei.
Cosimo de’ Medici Pater Patriae, detto “il Vecchio” nel titolo del suo ritratto
eseguito dal Pontormo per distinguerlo da Cosimo I, figlio di Giovanni dalla
Bande Nere, era stato il finanziatore del Concilio di Firenze (1439-1445), che
aveva sancito la riunione della Chiesa Latina con la Chiesa Greca e aveva
accolto i cristiani di Armenia, Siria ed Egitto (i Copti)[2],
i cui rappresentanti erano rimasti con i legati greci ed europei per sei anni
in Firenze, durante i quali Cosimo aveva provveduto ad allestire banchetti e
mense quotidiane non solo per i presuli rappresentanti, ma anche per le
innumerevoli persone al seguito e per i pellegrini venuti da ogni dove.
Il Palazzo Medici Riccardi che si ammira
oggi a Firenze in Via Cavour, allora detta “Via Larga”, fu fatto edificare da
Cosimo nel 1444 e fu sede di simposi e incontri conviviali passati alla storia;
così leggiamo in Petroni: “Qui imbandì numerosi conviti, che, pur non essendo
strabilianti, erano sempre ricchi di cibi genuini e soprattutto erano serviti
in maniera ineccepibile”[3].
Il servizio era “alla fiorentina”:
espressione che in tutto il mondo, da allora in poi, voleva dire tavoli
accostati in modo da comporre un mezzo rettangolo con un lato lungo frontale e due
lati più brevi laterali, con i commensali seduti solo da una parte, di fronte a
un immaginario osservatore, come gli apostoli nell’Ultima Cena o Cenacolo
di Leonardo da Vinci. Questa disposizione favoriva il servizio al tavolo e
consentiva, tra una portata e l’altra, a teatranti, musici, giullari e
danzatrici di occupare temporaneamente lo spazio antistante il banchetto,
alternandosi in esibizioni associate a ciascun piatto. Esistevano due modi
principali di servizio: i bacini ceramici decorati, grandi piatti fondi
per zuppe di verdure, ravioli in brodo, tortelli, intingoli, manicaretti, ecc.,
e i taglieri, ossia grandi dischi di legno su cui si adagiavano pietanze
asciutte, salumi e formaggi, che potevano essere sezionati e prelevati dai
commensali con le punte dei coltelli, foggiate appositamente a questo scopo.
Nel Quattrocento cominciano ad essere impiegati anche a tavola i piatti di
peltro. Ma è interessante un altro elemento, che ci fa capire come i piatti non
fossero recipienti fissi e imprescindibili come per noi: in molti banchetti,
davanti a ogni ospite, si metteva la “quadra”, ossia una grande fetta di pane
dallo spessore calibrato su cui il commensale poneva il cibo prelevato dai
recipienti di portata, dai taglieri e, a volte, dai bacini ceramici. La
“quadra” era l’erede della tradizionale “mensa” greco-romana, ossia una
focaccia per lo più azzima che faceva da supporto alla porzione di vivanda del
singolo.
Il cambiamento più significativo cui si
assiste tra l’epoca medievale e quella rinascimentale riguarda la definizione
di regole generali per imbandire la tavola e servire i piatti. Abbiamo detto in
precedenza della forchetta[4],
comparsa a Firenze nel Trecento e adottata nel resto d’Italia e d’Europa solo
tre o quattro secoli dopo, ma qui vogliamo notare un fatto curioso: anche se
tra le famiglie aristocratiche e borghesi fiorentine l’uso della forchetta era
considerato un segno di distinzione, associato alla cura artigianale delle
posate che ne faceva spesso delle piccole opere d’arte, in molte famiglie di
altre regioni e aree d’Italia sussisteva una certa resistenza all’uso di questa
posata, perché veniva vista più come “un’arnese da cucina” che come una “posata
da tavola”. In altri termini, uno strumento di utilità in cucina e una
facilitazione a tavola per chi non fosse educato e addestrato all’uso delle
punte uncinate dei coltelli dell’epoca.
Leggiamo da Paolo Petroni:
“L’apparecchiatura era accuratissima e le portate seguivano un ordine ben
preciso molto simile a quello dei nostri giorni, fatta eccezione per alcuni
dolci, come i pinocchiati e i morselletti,
che talvolta erano serviti come antipasti. Per il resto, vi erano i soliti
arrosti e bolliti, mentre molta cura era rivolta ai numerosi dolci, fra i più
tipici vi erano i berlingozzi, i marzapani, i biscottegli,
i confetti (dorati e argentati), le cupate, gli
zuccherini e i guanti o crespelli (cioè i nostri «cenci»)”[5].
Un evento che ebbe virtualmente per
testimone tutta la città di Firenze, lasciando traccia in numerosissimi
documenti, si caratterizzò per tre giorni di conviti di festeggiamento in Via
della Vigna Nuova[6]: le
nozze di Bernardo Rucellai e Lucrezia de’ Medici detta “Nannina”, celebrate la
domenica 8 giugno 1466 e festeggiate fino al martedì con un gigantesco
banchetto plurimo, cui erano invitati virtualmente tutti i Fiorentini. I
racconti dei testimoni hanno sapore fiabesco e, evidentemente, le famiglie dei
due giovani amatissimi in città intendevano proprio lasciare nella mente dei
maggiorenti e del popolo il piacevole ricordo di un’esperienza unica di
sorprese e meraviglie, nell’allegro gaudio di una gioia condivisa, come in uno
stato di grazia tale da sospendere per tutti tristezze, angustie, amarezze,
sofferenze, miseria, malattie, solitudine e sconforto, donando a tutti per tre
giorni una vita da principi in uno stato di perfetta armonia spirituale.
È passato alla storia anche il costo dei
tre giorni di “convito universale”: 6000 fiorini d’oro, ossia una somma che
avrebbe consentito a una famiglia di vivere da benestanti per tre generazioni.
Fra le spese documentate per i banchetti si legge che furono acquistati 2.800
pani bianchi, 70 staia di pane, 4.000 cialdoni, 3.000 capi di pollame, 1500
uova, 4 vitelli, 50 barili di vino trebbiano, e la legna di 12 cataste da
ardere in cucina. Ma si tratta solo di una parte: bisogna aggiungere tutto ciò
che proveniva dalle dispense, dalle vigne e dagli allevamenti delle due
famiglie, e che quindi non fu acquistato per l’occasione.
Leggiamo una nota sommaria dell’epoca
sui tre giorni di convito: “La domenica mattina si dettero capponi lessi e
lingue, e un arrosto di carne grossa, e uno di pollastrini
dorati con lo zucchero e l’acqua-rosa; la sera, la gelatina, l’arrosto grosso e
quello di pollastrini con frittelle. Il lunedì
mattina biancomangiare, coi capponi e i salsicciuoli,
e arrosto grosso e di pollastrini; la sera le solite
portate e più una torta di pappa, mandorle e zucchero che dicevasi
tartara. Il martedì, di mattina, arrosto di carne grossa e di quaglie, e la
sera, i consueti arrosti e la gelatina. Alle colazioni uscivano fuori, in sul
palchetto venti confettiere di pinocchiati e di
zuccherati che si distribuivano a profusione”[7].
Tre anni dopo, nel 1469, le nozze del
ventenne Lorenzo de’ Medici[8]
con la sedicenne Clarice Orsini furono organizzate col dichiarato intento di
far prendere ai due giovani il posto di Bernardo e Nannina nel cuore e nella
memoria del popolo: furono disposti convivi per tre giorni di festeggiamenti, ma
si andò oltre in tutti i sensi: “… le tavole imbandite straripavano dalle
stanze, dai loggiati e dal cortile di Via Larga e invadevano la stessa strada…
per più giorni tutti ricevettero piatti di carne e di pesce, vino dolce,
confetti e pinocchiate”[9].
Per effetto della rigorosa educazione
cristiana e neoplatonica ricevuta dalla madre, la poetessa Lucrezia Tornabuoni,
Lorenzo de’ Medici era impegnato non solo nello studio e nell’elevazione dello
spirito, ma anche nell’esercizio fisico e nel continuo addestrarsi alla scherma
e all’equitazione, cosa che, associata al rispetto dei digiuni di precetto
nelle quattro tempora, contribuiva a mantenerlo snello e agile. Ma, nonostante
la sua magrezza, il Magnifico era un raffinato estimatore della buona cucina e
un cuoco provetto[10];
evidentemente mostrando anche nell’alimentazione quella “disciplina di sé”
necessaria al suo ruolo, secondo l’adagio che definiva “Signore” colui che ha
signoria di sé stesso.
Nelle antologie scolastiche abbiamo
trovato i suoi versi: “Chi vuol esser lieto sia, di doman non v’è certezza”, e
nei libri di storia leggiamo delle reprimende che gli rivolgeva Savonarola[11],
e dunque siamo portati a pensare che lo stile di vita di Lorenzo cercasse un
compromesso tra la cristiana mortificazione del desiderio e la ricerca della
gioia attraverso la bellezza dell’arte e di ogni altra attività umana da
rivolgere al beneficio dell’anima e del corpo. Nel suo poemetto Nencia da
Barberino colpiscono gli accoppiamenti “amoroso-gastronomici” insoliti per
l’epoca: “La Nencia, infatti, gli sembra più bianca del «fior di farina», più
dolce della «malvagia», «saporita che non il cacio», «morbida che pare un
migliaccio» e, come se non bastasse, le promette la «stiacciata» e il «berlingozzo»”[12].
Leggiamo qui della prova più nota delle
sue abilità culinarie: “Nel Canto de’ Cialdonai,
dà inoltre prova di essere anche un buon cuoco: in quelle simpatiche rime,
infatti, insegna con perizia a fare i cialdoni: «Metti nel vaso acqua e farina,
quando hai menato, poi vi si getta quel che è dolce e bianco zucchero: fatto l’intriso,
poi col dito assaggia, se ti par buono le forme (i testi) al fuoco poni,
scaldale bene e quando l’intriso nelle forme metti e senti frigger, tieni i ferri
stretti. Quando ti par e’ sia fatto abbastanza, apri
le forme e cavane e’ cialdoni e ’l ripiegarli allor
facile riesce caldi: e ‘n panno bianco li riponi»”[13].
[continua]
Notule
BM&L-26 aprile 2025
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of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Jorge Bergoglio, Papa
Francesco – Il nuovo papa si racconta – Conversazione con Sergio Rubin e
Francesca Ambrogetti, p. 158, Salani Editore, Milano 2013.
[2] La riunione delle Chiese
purtroppo non durò molto.
[3] Paolo Petroni, Il libro della
vera cucina fiorentina, p. 20, Giunti, Firenze 2012.
[4] Naturalmente si tratta di
forchette a due rebbi o, al massimo, a tre rebbi; le forchette a quattro rebbi
sono di molto posteriori e si diffondono soprattutto nel Settecento con la
diffusione capillare degli spaghetti.
[5] Paolo Petroni, Il libro della
vera cucina fiorentina, op. cit., p. 20.
[6] Vi aveva sede il maestoso
Palazzo Rucellai disegnato da Leon Battista Alberti; oggi è sede di ateliers e
negozi delle maggiori firme dell’alta moda mondiale. La via prende il nome
dalla “vigna nuova” dei monaci di San Pancrazio, così detta per distinguerla
dalla “vigna vecchia” dei monaci della Badia Fiorentina.
[7] Citato in I matrimoni di casa
Medici: «Chi vuol esser lieto sia…» in Paolo Petroni, Il libro della
vera cucina fiorentina, p. 22, Giunti, Firenze 2012.
[8] L’appellativo “Magnifico” era
piuttosto comune, e si impiegava quale formula di cortesia nel rivolgersi o
menzionare persona degna di ammirazione per cultura o condizione. Negli scritti
coevi si incontra spesso “il Magnifico Lorenzo”; l’inversione “Lorenzo il
Magnifico” è invece il prodotto di un’operazione arbitrariamente compiuta da
storici di epoca relativamente recente, allo scopo di distinguerlo dagli
omonimi di casa Medici.
[9] I matrimoni di casa Medici:
«Chi vuol esser lieto sia…» in Paolo Petroni, Il libro della vera cucina
fiorentina, op. cit., idem.
[10] Una delle più note scuole di
cucina fiorentina si chiama Scuola Lorenzo de’ Medici.
[11] Sebbene fosse stato proprio
Lorenzo de’ Medici a farlo tornare a Firenze.
[12] Paolo Petroni, Il libro della
vera cucina fiorentina, op. cit., p. 23.
[13] Paolo Petroni, op. cit., idem.